MATERNITÀ
uno spettacolo di Fanny & Alexander tratto dal racconto di Sheila Heti (traduzione Martina Testa, Sellerio editore, 2019)
drammaturgia, costumi Chiara Lagani| regia, luci, progetto sonoro Luigi De Angelis| con Chiara Lagani| artwork Eleanor Shakespeare| architettura software multiscelta, cura del suono, supervisione tecnica Vincenzo Scorza| organizzazione, promozione Maria Donnoli, Marco Molduzzi| produzione E Production/Fanny & Alexander| grazie a Ateliersi, Giovanni Cavalcoli, Silvia Veroli
In Maternità, tratto dal racconto di Sheila Heti, una donna si chiede, di fronte al pubblico seduto davanti a lei, cos’è che la trattiene dal mettere al mondo un figlio. Non si tratta di un monologo, ma di una strana specie di dialogo, sospeso tra dimensione assembleare e gioco con il caso. Di fronte alle domande più difficili Sheila si rivolge alle persone in sala a cui è stato dato un piccolo telecomando con cui rispondere ai suoi quesiti. Le risposte si proiettano a ritmo incalzante su uno schermo sospeso sulla scena in un oppressivo codice binario: tutto è sì, oppure no, tutto è bianco, oppure nero. Sì e no è il timbro di un accanimento, di un’ostinazione, di una strana slabbratura dell’anima della protagonista che, mentre si interroga con ironia e ferocia su una questione così nodale, tende il ragionamento fino all’eccesso infrangendo a tratti il velo del pudore e portandoci a riflettere sul valore della scelta.
Il dialogo col pubblico oscilla tra immedesimazione e giudizio proiettando sul testo una serie di interrogativi intimi e comuni su temi da sempre controversi.
DEBUTTO
8-9 luglio 2023, Inequilibrio, Teatro Solvay, Rosignano Solvay (LI)

ph. Luigi De Angelis

Ph. Antonio Ficai @ Inequilibrio Festival

Ph. Antonio Ficai @ Inequilibrio Festival

Ph. Antonio Ficai @ Inequilibrio Festival

Ph. Antonio Ficai @ Inequilibrio Festival

Ph. Antonio Ficai @ Inequilibrio Festival
RASSEGNA STAMPA
MATTEO BRIGHENTI, INEQUILIBRIO 2023 Mettersi in gioco è tutto
SABRINA FASANELLA, Maternità
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Inequilibrio 2023 Mettersi in gioco è tutto, di Matteo Brighenti | PAC Pane Acqua Culture, 19 luglio 2023
Il teatro, quando è necessario, ti mette in testa una domanda. Te la consegna, te l’affida come una questione di importanza vitale, perché ha a che fare proprio con la tua vita. Ti interroga su come la stai vivendo e, soprattutto, su come la puoi cambiare per essere più te stessə, o meglio, per diventare più te stessə. Questo teatro è uno specchio della natura: la tua. E non di adesso, ma di domani.
Al Festival Inequilibrio 2023 della Fondazione Armunia, tra Castiglioncello e Rosignano Marittimo (Livorno), per il primo anno con la direzione artistica esclusiva di Angela Fumarola, gli spettacoli che ho visto mi hanno lasciato con questa domanda: “Quando troverai il coraggio di raccontarti fino in fondo?”.
Ora che la rileggo, però, non mi sembra esattamente questa. Manca qualcosa, come per un sogno raccontato, da sveglio, il mattino dopo. C’è, ma non del tutto. È quindi la forma che riesco a dare per condividerla ora, qui. È la sua eco, per capirci. Perché il teatro non ti interroga certo con le parole: ti interroga nelle emozioni, nelle sensazioni.
[…]
Non c’è una storia sola, ci sono le storie, che hanno per madre la capacità di dire ciò che si vede e, viceversa, di vedere ciò che si dice. Il nostro contributo è sostenere e ricambiare quello sguardo. È il modo canonico del pubblico di stare in una qualsiasi sala. I Fanny & Alexander nel loro Maternità ci danno la possibilità di esprimerci anche attraverso il voto.
Possiamo scegliere, o meglio contribuire a scegliere le direzioni dello spettacolo, indicando possibili sbocchi, esiti, soluzioni, attraverso l’uso di un piccolo telecomando che ci è stato consegnato all’ingresso. Per quanto la vicenda segua quella scritta da Sheila Heti nel suo libro omonimo, e a decidere il risultato delle votazioni non siamo né tu, né io, ma la maggioranza. Cioè, la rappresentazione del potere del senso comune, secondo cui, per esempio, soltanto l’avere figli realizza pienamente una donna. Un imperativo “culturale” e “naturale” attraverso cui il lavoro di Fanny & Alexander si fa strada per trovare la via di un’altra verità.
Dunque, Chiara Lagani e Luigi De Angelis indagano come fare un figlio alla soglia dei quarant’anni, ma anche come fare uno spettacolo, ovvero esplorano il racconto, ma anche il raccontare. La creazione si rivela una co-creazione. Così, Maternità prima di essere un esito, è un processo, in un andirivieni continuo tra scelta e rinuncia, immedesimazione e giudizio, o sospensione del giudizio. Il non sapere dove andare, eppure andarci tuttɜ insieme, ci fa restare in ascolto, con un’attesa legata ogni volta a un quesito diverso. Come il creatore di fronte alla sua nascente creatura.
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Maternità, di Sabrina Fasanella | Cordelia (Teatro e Critica), luglio 2023
Al Teatro Solvay di Rosignano ha debuttato Maternità, l’ultimo lavoro della compagnia ravennate Fanny & Alexander. Ricalcando il modello della scrittura interrogatoria di Sheila Heti, autrice canadese dell’omonimo romanzo, Chiara Lagani e Luigi de Angelis costruiscono un dispositivo scenico in forma di assemblea pubblica, affidando agli spettatori l’avanzare dell’indagine sul tema più che mai controverso del titolo. Così come la protagonista-autrice del romanzo, Chiara Lagani parla in prima persona direttamente con il pubblico. Il primo aggancio è un esercizio di scetticismo: “Mi chiamo Chiara e sono incinta. Vero o Falso?”. Domanda dopo domanda, cui lo spettatore è chiamato a rispondere attivamente e istintivamente tramite un telecomando, emergono i nodi problematici della tematica: il rapporto di una donna con il proprio corpo; le aspettative personali e sociali su di esso; la vocazione dubbiosa alla maternità; le insidie della scelta e gli inganni della libertà. L’ingaggio dello spettatore, che segue l’esito della “votazione” su uno schermo in tempo reale, sembra volto a suscitare lo stesso tipo di dubbi: da quante e quali cose è condizionata la nostra scelta? Quale prezzo paga il pensiero all’esercizio della libertà? Ma anche: quanto è davvero nostra la scelta che facciamo? Questo (intenso, a tratti ossessivo o apparentemente superfluo) lavoro di scelta e giudizio approda ad una seconda parte in cui il dispositivo ritorna alla sua funzione rappresentativa. Questo spostamento di equilibri, mediato in maniera più esplicita dalla convenzione della luce e del costume, non solleva lo spettatore dal suo ruolo attivo, ma lo trasforma: se da un lato si palesa in maniera più decisa il meccanismo dell’eterodirezione, dall’altra continua ad aleggiare il dubbio che ciò che accade sia stato deciso e scelto a priori, esattamente come accade ad una donna, la cui biologia è orientata e orientante verso un destino che non necessariamente corrisponde alla vocazione genitoriale.