L’AMICA GENIALE A FUMETTI

tratto dal graphic novel di Mara Cerri e Chiara Lagani (Coconino Press) su L’amica geniale di Elena Ferrante (edizioni e/o)


di e con Chiara Lagani | disegni Mara Cerri | regia, video, musiche Luigi De Angelis  cura del suono e supervisione tecnica Vincenzo Scorza | organizzazione Maria Donnoli, Marco Molduzzi | comunicazione e promozione Maria Donnoli una produzione E Production/Fanny & Alexander


La storia, tratta dal fumetto di Mara Cerri e Chiara Lagani sull’Amica geniale, è quella dell’amicizia tra due donne e segue passo passo la loro crescita individuale, il modo di influenzarsi reciprocamente, i sentimenti, le condizioni di distanza e prossimità che nutrono nei decenni il loro rapporto. Sullo sfondo è la coralità di una città/mondo dilaniata dalle contraddizioni del passato, del presente e di un futuro i cui confini feroci faticano ancora a delinearsi con nettezza. Il fumetto è incentrato sull’infanzia e l’adolescenza delle protagoniste, a partire dall’episodio fondativo della loro amicizia: le due amiche, bambine, gettano per reciproca sfida le loro bambole nelle profondità di uno scantinato nero. Quando vanno a cercarle, le bambole non ci sono più. Le due bambine, convinte che Don Achille, l’orco della loro infanzia, le abbia rubate, un giorno trovano il coraggio di andare a reclamarle.

Chiara Lagani recita in scena i testi di Elena Ferrante nella riduzione che ne ha fatto per il
fumetto composto assieme a Mara Cerri. Alle sue spalle corrono i disegni animati tratti dal libro, per dar corpo e volto ai momenti evocati dalle parole del racconto.

TOUR

9 settembre 2022, Intermittenze, Rocca di Riva, Riva del Garda (TN) ANTEPRIMA
14 ottobre 2022, APP Ascoli Piceno Present, Teatro dei Filarmonici DEBUTTO
23 ottobre 2022, E vissero tutti, Biblioteca Malatestiana, Cesena
26 ottobre 2022, Festival Prima Onda, Ecomuseo Mare Memoria Viva, Palermo
28 ottobre 2022, MEME Festival, Teatro Masini, Faenza (RA)
19 novembre 2022, LabOratorio San Filippo Neri, Bologna
25 novembre 2022, Auditorium del Parco, L’Aquila
26 novembre 2022, Spazio Matta, Pescara
2 dicembre 2022, Teatro Petrella, Longiano (FC)
13 dicembre 2022, Teatri di Vetro, Teatro India, Roma
23 e 24 febbraio 2023, Teatro Rasi, Ravenna
18 marzo 2023, Teatro Sociale, Novafeltria (RN)
1 aprile 2023, Teatro Massarenti, Molinella (BO)
4 e 5 aprile 2023, AMAT Chiesa dell’Annunziata, Pesaro
20 maggio 2023, Stagione Agorà Villa Beatrice degli Aceri, Argelato (BO) (rimandata)
25 maggio 2023, Cantieri Intermediali – Centro Universitario Teatrale, Catania
8 giugno 2023, DAMSLab, Università di Bologna
3 febbraio 2024, Teatro Manzoni, Calenzano (FI)
3 marzo 2024, Hangar Teatri, Trieste (TS)
6 aprile 2024, Stagione Agorà, Teatro Comunale, Argelato (BO)
24 settembre 2024, Hamburger Sprechwerk, Amburgo, Germania in collaborazione con Istituto Italiano di Cultura di Amburgo e ATER Fondazione
26 settembre 2024, Teatro dell’Istituto Italiano di Cultura di Colonia, Colonia, Germania in collaborazione con ATER Fondazione
15 ottobre 2024, Youth Space, Hong Kong, in collaborazione con Istituto Italiano di Cultura di Hong Kong e ATER Fondazione
24 e 25 ottobre 2024, Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera, Germania
28 novembre 2024, Teatro Gavì Ballero, Alghero (SS)

ph. Fabio Fiandrini

 

RASSEGNA STAMPA

ALESSANDRO CARLI, Fixing
THEA FARO, Unictmagazine
ILARIA CECCHINATO, Gagarin Magazine
SANDRA NISTRI, La Nazione


Visto per voi al Petrella: “L’amica geniale a fumetti” di Cerri e Lagani, di Alessandro Carli | Fixing, 6 dicembre 2022

Non sempre chi è sul palco ha la percezione di quello che sta facendo: pirandellianamente difatti “chi vive, quando vive, non si vede: vive”. Non ne è esente l’ottimissima Chiara Lagani – drammaturga e fondatrice della compagnia teatrale Fanny & Alexander – che alla fine dello spettacolo “L’amica geniale a fumetti”, andato in scena sulle assi del Teatro Petrella di Longiano il 2 dicembre, durante l’incontro con il pubblico (è stata presentata la graphic novel di Mara Cerri ispirata al primo volume dell’opera di Elena Ferrante), ha definito la mise en scene “un recital”. In realtà è molto di più: in prima battuta perché i recital e i reading hanno un’aria mortifera e spesso fanno scivolare nella noia il pubblico (e questo lavoro invece ti cattura), e poi perché l’interpretazione di Chiara lo ha fatto diventare uno spettacolo fatto e finito, completo. E soprattutto emozionante.

L’allestimento minimalista – sul fondale un telo in cui vengono proiettati i disegni di Mara Cerri, sul lato destro del palco (rispetto alla platea) una scrivania e una sedia, qualche foglio – risulta una scelta indovinata: i colori dei personaggi ma soprattutto la voce di Chiara “tratteggiano” una scenografia evocativa che porta gli spettatori non solamente dove è ambientata la storia – quella Napoli del dopoguerra, quella Napoli neorealista – ma dentro e attraverso l’amicizia tra due bambine, Lila ed Elena, Lenù, diverse e a loro modo uniche. A unirle una sfida: il lancio delle amate bambole nelle grate di un palazzo che sembrano i denti di un orco. E un orco, si scopre, c’è davvero: è Don Achille, gigantesco e mascherato, che gira con una borsa in cui nasconde misteri e terrori. Lila ed Elena sono convinte che le due bambole le abbia prese lui, e le reclamano, affrontandolo con grande forza. “Quel gesto cambiò tutto tra di noi. Per sempre”.

Ma è nel capitolo dell’adolescenza che l’amicizia diventa una storia d’amore fELIce, certamente geniale come il titolo, ma impreziosita da nuove dimensioni sensoriali ed emotive: i disegni, le voci, le strade che si riavvicinano. Una, per dirla alla maniera apocrifa di Fabrizio De André, conosce e rivela all’amica la sua “verginità che si tingeva di rosso”, l’altra inizia a realizzare un sogno, una linea di scarpe comode ed eleganti, nuove, non capite dai genitori – abituati alla praticità – che la sgridano e si oppongono. Per essere geniali bisogna essere in due. Chiara e Mara, Lila ed Elena, una mano che incontra un’altra mano. Due cuori che battono lo stesso tempo. E che sia quello della durata dello spettacolo – poco meno di un’ora – poco importa: una volta che si parte, si deve solo camminare insieme.

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L’amica geniale a fumetti, di Thea Faro | Unictmagazine, 28 maggio 2023 

Quale miglior luogo, se non il teatro, per concludere la prima edizione del festival Cantieri Intermediali?
Nel finale della sezione Dopolavoro del festival, dedicata alla creatività e alla sperimentazione, è approdata a Catania, ospite del Centro Universitario Teatrale, la compagnia ravennate Fanny & Alexander.
Come perfetto esempio di ibridazione dei linguaggi artistici e di rimediazione dei codici espressivi, Chiara Lagani, fondatrice della compagnia teatrale nonché drammaturga, attrice e traduttrice, ha portato sul palcoscenico del Cut il recital L’amica geniale a fumetti, basato sull’unica graphic novel autorizzata da Elena Ferrante in tutto il mondo, per il quale lei e l’illustratrice Mara Cerri hanno ricevuto il Premio ALMA Speciale Animazione 2022.
I percorsi delle due artiste si erano già incrociati in occasione della realizzazione de I libri di Oz per Einaudi, ed entrambe avevano già lavorato individualmente su Ferrante, le cui pagine avevano «letto e amato» e nelle quali, riflette Cerri durante la conversazione al termine dello spettacolo moderata da Simona Scattina, «forse era già insita la loro futura amicizia».
In particolar modo, l’incontro del gruppo ravvenate con l’universo narrativo di Lenù e Lila risale al 2017, anno di nascita del progetto Storia di un’amicizia, che si compone di tre spettacoli teatrali tratti dalla saga ferrantiana.

La genesi del progetto si deve al desiderio di Lagani di «continuare a coltivare i fantasmi» sorti dalla lettura, dopo essersi scoperta affetta, nonostante un’iniziale diffidenza dovuta al grande successo editoriale, da quella che un documentario di Giacomo Durzi (al quale tra l’altro ha lavorato Cerri) chiama molto acutamente Ferrante fever.
L’esito della recente collaborazione tra l’attrice e la fumettista, dunque, sembra essere prima di tutto un omaggio all’autrice ‘invisibile’ da parte di due sue appassionate lettrici. Il fumetto, infatti, pare pensato per affiancare e non sostituire la lettura della tetralogia, e si pone come strumento ermeneutico che nel condensare L’amica geniale e adattarlo al nuovo medium riesce a sottolineare e amplificare, soprattutto tramite il disegno sfumato e a tratti espressionista di Cerri, i temi principali del romanzo ormai impressi nella memoria collettiva, «svela[ndo] in profondità la narrazione».
Secondo queste premesse va dunque letta l’idea di Lagani di aggiungere un ulteriore anello alla catena transmedialeche ha visto l’opera di Ferrante smarginare i confini della forma romanzo, per passare dall’adattamento radiofonico, teatrale, televisivo, all’illustrazione e tornare poi, in questa nuova veste intermediale, allo spazio del teatro.
Lagani, nel riaprire il volume della scrittrice, recupera nella sua drammaturgia parti del testo escluse dalla sceneggiatura del fumetto, che usa per raccontare le immagini di Cerri soffermandosi soprattutto su determinati dettagli.

Sulla scena interpreta il ruolo di Elena Greco adulta la quale, ricevuta la notizia dell’improvvisa sparizione dell’amica Raffaella Cerullo – per lei, da sempre, Lila – decide di sfidarla un’ultima volta, come a parti inverse accadeva quand’erano bambine, ostacolando la sua volontà di cancellare ogni traccia di sé e della sua esistenza tramite il racconto della loro amicizia: in un romanzo nell’originale ferrantiano, mediante i disegni nel fumetto e poi nello spettacolo.
Sul palcoscenico Lagani-Elena siede su uno sgabello posto davanti ad una scrivania, unici arredi di un allestimento volutamente essenziale. Alle sue spalle si colloca un maxi-schermo su cui scorre, per l’intera durata del recital, una selezione delle illustrazioni di Cerri, vera scenografia animata oltre che strumento narrativo nel montaggio curato da De Angelis la cui struttura – osserva Scattina – «in parte era già insita nelle tavole di Cerri».
Queste, infatti, per la loro sequenzialità ricordano da vicino gli storyboard del cinema d’animazione, che del resto è l’ambito artistico da cui proviene l’illustratrice.

Il ritmo con cui si susseguono le tavole del fumetto è scandito da una palpitante musica di sottofondo, ed è perfettamente sincronizzato alla frequenza verbale e corporea della recitazione di Lagani.
Sul tavolo davanti a lei poggiano vari oggetti dapprima indistinti, ma che presto si rivelano essere i ricordi di infanziadelle due ‘amiche geniali’: la spilla che Lila custodiva «come il regalo di una fata», il tappo da mettere «in testa alla bambola come fosse un cappello», la pietra che Lila aveva scagliato contro Enzo, i disegni delle scarpe marca Cerullo.
Quasi vestendo i panni di una investigatrice, Lagani-Elena mostra questi oggetti agli spettatori mentre racconta la sua infanzia e la sua adolescenza (questi i titoli dei due capitoli del recital) vissute nel microcosmo di un rione napoletano, ricostruendone i momenti salienti e dando parola ai diversi personaggi che ne hanno fatto parte, modulando la propria voce come se raccontasse una fiaba.
Sebbene assenti tra gli oggetti posti sulla scrivania, nella finestra intermediale del maxi-schermo si possono osservare anche le bambole di Lenù e Lila, elementi centrali nell’opera ferrantiana poiché alter ego delle amiche protagoniste. A tal proposito non sembra casuale l’abito nero indossato in scena dall’attrice, lo stesso che utilizza negli spettacoli di Storia di un’amicizia in seguito alla metamorfosi da bambina a bambola.

Tale trasformazione è riproposta sia nel fumetto che nel recital, nella cui conclusione lo svenimento di Lila viene assimilato alla caduta delle bambole dentro un buio scantinato, ossia, nell’immaginazione infantile delle due personagge, la temibile «borsa nera di don Achille».
Rendendo dunque le bambole «oggetti liminali del plot», secondo l’interpretazione di Tiziana De Rogatis, il recital di Lagani riproduce la struttura circolare della quadrilogia, collocando inoltre in una posizione di rilievo quei giocattoli che, come simboli dell’archetipo dello sguardo infantile, connettono l’opus ferrantiano con la matrice espressiva di Fanny & Alexander: il mondo dell’infanzia e dell’immaginazione creativa, che già emerge con grande evidenza nel loro nome di bergmaniana memoria. Prima del recital si era tenuta nella suggestiva sala Teatro di Piazza Scammacca la presentazione del libro di Laura Pernice “Immaginazioni intermediali. Le regie liriche di Fanny & Alexander” con la partecipazione di Chiara Lagani al festival “Cantieri Intermediali”.

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Nelle ombre del reale. L’Amica geniale a fumetti, di Ilaria Cecchinato | Gagarin Magazine, 30 gennaio 2024 

Una tetralogia tanto amata dal grande pubblico quanto guardata con sospetto dal «piccolo mondo antico» degli artisti-intellettuali, L’amica geniale di Elena Ferrante trova nuovo respiro nel linguaggio del fumetto grazie all’amore e alla cura dell’attrice e drammaturga Chiara Lagani e dell’illustratrice Mara Cerri.

Edito da Coconino, il primo volume della graphic novel è ad oggi tradotto e distribuito in 10 paesi, e ha raggiunto da poco anche gli Stati Uniti. La storia di Lila e Lenù, il rapporto tra le due e la Napoli anni ’50-’60 prendono vita nei colori e nel disegno di Mara Cerri, mai didascalico ma sempre evocativo delle ombre del reale; e dall’adattamento del testo di Chiara Lagani, già a confronto con L’amica geniale nei tre episodi teatrali Storia di un’amicizia.

Come e quando è nata la vostra collaborazione?

Mara Cerri: «Ci siamo conosciute al Teatro Rasi di Ravenna, io ero lì su invito dell’Associazione Mirada, ovvero Gianluca Costantini e Elettra Stamboulis. Conoscevo già il lavoro di Fanny & Alexander, ma è in quell’occasione che conobbi personalmente Chiara. Mi disse che aveva apprezzato una mia locandina e che le ricordava molto i personaggi dei libri di Oz, su cui già aveva iniziato a lavorare. Ci salutammo dicendoci che forse un giorno avremmo potuto fare qualcosa insieme. Anni dopo Chiara mi chiese di incontrarci perché aveva un accordo per un libro con Einaudi: stava traducendo tutti i quattordici libri di L. Frank Baum e desiderava che io fossi l’illustratrice del progetto. Io mi trovano in una fase di revisione rispetto al mio disegno e credendo mi si chiedesse un’illustrazione tradizionale e fedele, quasi rifiutai. Chiara invece ebbe la capacità di far capire tanto a me quanto all’editore, che quello che stava cercando non era una rappresentazione didascalica e aderente all’immaginario comune di Oz, ma voleva dei disegni dell’anima. Quando ho iniziato a lavorare alle tavole mi sono quindi sentita subito a mio agio, perché era proprio quella la ricerca che intendevo perseguire. Da questo primo lavoro insieme è cominciato tutto»

Chiara, qual è l’origine del tuo interesse per l’immagine e il disegno e perché hai scelto proprio Mara?

Chiara Lagani: «L’immagine e il disegno legati al racconto sono un interesse che io e Luigi (De Angelis ndr) abbiamo da quando creiamo insieme: fin da subito nei nostri progetti raccogliamo parole, suoni, immagini… Sono tutti tasselli di equivalente importanza, come fosse un atlante warburghiano. La proposta di Einaudi era per la collana Millenni (voluta, a suo tempo, da Cesare Pavese): sapevo che il disegno sarebbe stato una parte rilevante delle pubblicazioni e che mi avrebbero proposto dei loro nomi di riferimento. Mi ricordo ancora come andò: avevo di fronte Mauro Bersani e Monica Aldi e, dopo avermi mostrato i portfolio dei loro disegnatori, io mostrai le immagini di Mara indicando qua e là i nomi dei personaggi di Oz che intravvedevo già nei suoi disegni. Io ero emozionatissima, per me il Millenni era Il Libro: mio nonno ne aveva tantissimi, ho ricordi d’infanzia relativi a questi volumi, quindi l’idea mi eccitava e proporre a qualcuno di collaborare a un libro così mi sembrava qualcosa di eccezionale, come aver vinto al superenalotto. Invece mi ritrovai di fronte a Mara che mi guardava come se le stessi dicendo una cosa  qualunque, puntualizzando che non avrebbe mai illustrato “la tovaglia a quadretti della zia”. All’inizio pensai addirittura di aver detto qualcosa di sbagliato; invece poi ci siamo capite e Mara è diventata una delle mie più grandi amiche».

A proposito di amicizia, entriamo nel vivo del vostro lavoro su L’amica geniale di Elena Ferrante. Entrambe avete lavorato in autonomia sui testi dell’autrice, Mara su La spiaggia di notte e Chiara con l’adattamento teatrale della tetralogia de L’amica geniale, Storia di un’amicizia. Singolarmente come e quando avviene l’incontro con la Ferrante e dove poi vi siete incontrate?

Mara: «Io ho iniziato a leggere Ferrante negli stessi anni del primo incontro con Chiara a Ravenna, su suggerimento di una cara amica. Oltre ai libri, ho guardato anche i film tratti dalle sue scritture, come L’amore molesto di Martone o I giorni dell’abbandono di Faenza. A colpirmi erano stati sia gli scritti di La frantumaglia (E. Ferrante, Edizioni e/o, 2016), sia il tema del rapporto con la madre in cui ritrovavo la mia esperienza. Dopo aver cominciato a leggerla mi sono dunque appassionata a tal punto da trovarmi in un vortice: ha una capacità calamitante più forte della realtà, quasi come se lì dentro ci fosse qualcosa di così vero da cui è necessario passare.
Poi un giorno, alla fiera della piccola e media editoria a Roma, Giovanni Nucci di Edizioni e/omi propose di illustrare La spiaggia di notte. In quell’occasione fu fondamentale la presenza di Fausta Orecchio, con cui Nucci si stava confrontando per cercare il segno adatto a illustrare Ferrante. Fu una coincidenza incredibile: la stavo leggendo, l’amavo e la condividevo con persone amiche… è stato molto forte. Nonostante si trattasse di un libro per ragazzi, andai a fondo alle inquietudini che emergevano, non censurate, dal libro. Oltre a La spiaggia di notte, anni dopo, mi capitò di lavorare alle animazioni per un documentario di Giacomo Durzi, Ferrante Fever, insieme a Magda Guidi, una disegnatrice con cui collaboro per il cinema di animazione.
Contestualmente, iniziai a lavorare con Chiara: ricordo bene i viaggi a Torino, gli incontri con Einaudi, Chiara che mi raccontava in treno di questo suo progetto incredibile di portare a teatro la tetralogia de L’amica geniale. Ferrante in quel momento era già un nome sulla bocca di tutti e c’era di certo un rischio; tuttavia ho sentito subito in Chiara l’autenticità di avvicinarsi a questa autrice per quello che intimamente sentiva di voler sviscerare».

Chiara: «Io ho letto Ferrante fuori tempo massimo, quando erano già usciti tutti i volumi de L’amica geniale. Ho iniziato quasi su spinta di mia madre, controvoglia perché – con il tipico snobismo che contraddistingue la nostra piccola nicchia – il fatto che si trattasse di un libro dal successo planetario mi rendeva diffidente. Mi sono dunque portata in vacanza un paio di volumi della tetralogia pensando che se mi fosse piaciuto il primo mi sarei fermata. E invece è stata una folgorazione: credo che Ferrante sia una delle pochissime scrittrici viventi, se non l’unica, che rimarrà nella storia per un uso della lingua estremamente sofisticato. Ciò che più mi ha colpito, è stata una potente immedesimazione. Da anni ormai giriamo con Storia di un’amicizia a teatro e ho visto spesso spettatrici di ogni età, in due e con le loro copie in mano, avvicinarsi e indicarsi l’un l’altra dicendomi “è lei la mia amica geniale”. È un fenomeno che io trovo commovente e credo indichi la capacità di un’autrice di intercettare un archetipo. Io personalmente la mia amica geniale l’ho vista in un’altra teatrante, Fiorenza Menni, con cui avevo condiviso storie da quando eravamo poco più che bambine. Inizialmente avevo ricacciato subito l’idea di metterlo in scena, perché mi sembrava un azzardo. Tuttavia, quando le cose ti rimangono attaccate addosso e non riesci a scrollartele via, a un certo punto devi considerarle e farci i conti. Perciò dopo un anno sono andata da Fiorenza, le ho chiesto di leggere il libro e lei si è prestata con questo peso dell’identificazione, e con l’aiuto di Luigi lo abbiamo portato a teatro».

Dai libri, il testo ha subìto un processo di adattamento al teatro, all’illustrazione, al fumetto. Come avete lavorato? Avete puntato su alcuni aspetti in particolare di Ferrante? Se si quali e perché?

Chiara: «Per quanto riguarda l’adattamento teatrale, bisognava operare innanzitutto una sintesi e questa è stata la parte più complessa. A un certo punto mi è sembrato giusto sviluppare la mia drammaturgia attraverso tre episodi salienti: le bambole, il collage che le due amiche creano operando una disintegrazione dell’immagine di Lila, e quello della scomparsa di Tina. Da questi nuclei ho pensato potesse poi essere ricostruita tutta la storia. La potenza di Ferrante sta nel riuscire, con alcune scene indimenticabili, a veicolare un senso profondamente potente.
La scelta di adattare L’amica geniale alla forma fumetto non è stata una nostra idea, ma di Giovanni Ferrara, direttore editoriale di Coconino: un giorno io e Mara siamo andate a trovarlo per proporgli una graphic novel su Ortese (non ci siamo arrese, prima o poi la faremo!) e ci ha controproposto il fumetto de L’amica geniale. Si tratta di un progettone sui quattro libri, ora stiamo già lavorando al secondo e l’idea è quella di tradurre in forma fumetto tutti e quattro i volumi. Se nello spettacolo ero libera, pur nella fedeltà alla storia, di fare scelte anche radicali, qui sento una specie di dovere di completezza, visto che si tratta della sola versione a fumetti che verrà mai realizzata, e che è stata venduta già in una decina di paesi stranieri. È un lavoro delicato che viene condotto non da noi due sole, c’è tutto un gruppo di lavoro dietro, la redazione della Coconino Press».

Mara, prima parlando dei libri di Oz e delle illustrazioni de La spiaggia di notte, accennavi al fatto che il tuo segno non è rappresentativo ma intende cogliere qualcosa d’altro. La parola e il testo – soprattutto di Ferrante – nascondono spesso molte ambiguità, fra le righe si cela un invisibile che il lettore coglie più sul piano delle sensazioni che a livello razionale. Come catturi questo “invisibile” e come si traduce in disegno? Usi una tecnica particolare e se sì, perché?

Mara: «È molto bello quello che dici sull’invisibile di Ferrante. Per me ha anche a che fare con l’infanzia. E qui ritorno a La spiaggia di notte: io ho un background da illustratrice di libri per ragazzi, ma all’inizio avevo difficoltà perché il mio segno ha qualcosa di inquietante, mentre come adulti vorremmo vedere l’infanzia candida e rassicurante. Si tratta invece di un periodo della vita in cui, nell’oscuro e nell’ombra, si custodisce qualcosa che ancora non conosciamo, in divenire, il seme di pulsioni non nostre e nemmeno dei genitori, ma di aspetti assorbiti dal contesto esterno. Si tratta di un “essere in potenza” e questo c’è molto nel romanzo di Ferrante: lo si trova nell’infanzia di Lila e Lenù, nei loro caratteri in cui si prefigura già quello che sarebbe successo dopo, le loro reazioni alla realtà. Lo spazio dell’invisibile e ciò che sta nell’ombra, quindi, mi affascinano perché la realtà non è tutta alla luce del sole anzi, è profondità. In questi giorni sto leggendo Clarice Lispector, che afferma: “Ho paura di scrivere. È molto pericoloso. Chi ha provato lo sa. Pericolo di interferire con ciò che è nascosto. E il mondo non è in superficie, si trova nascosto nelle sue radici sommerse, nella profondità del mare. Per me Ferrante coglie proprio questo. Io sento un pozzo profondo nella sua scrittura, che connette la storia di due ragazzine a Napoli negli anni ‘50-’60 con te, lettrice dei nostri giorni».

Sfogliando il fumetto, le tavole sembrano avere un filtro patinato e sfocato, che crea una distanza e al contempo un’immersione, quasi fossimo a contatto con un ricordo… è così? Hai usato una particolare tecnica? Se sì perché?

Mara: «In effetti in alcuni momenti c’è un colore corroso e forse questo rimanda alla memoria. Risulta così perché ho imbevuto i fogli di acqua, ho usato stracci e altri materiali, per cui il colore ha come un effetto di affresco, quasi scrostato, proprio come una realtà che ci arriva attraverso lo schermo del tempo. Nel farlo ho sempre cercato di tenere a mente la scrittura di Ferrante, la sua matericità e densità, che mi ha suggerito anche una gestualità e una stratificazione del colore. Ho cercato poi di lavorare sui volti, sulle espressioni e sui primi piani, sul gioco di specchio fra le due protagoniste. Il formato suggerito da Coconino, una pagina divisa in due o in quattro con taglio orizzontale, rende poi tutto molto cinematografico e io, venendo dal cinema di animazione, ho trovato naturale affrontarlo in quel modo. Mi sono poi concentrata anche sul contesto del rione napoletano: la texture dell’ambiente e delle case sono le stesse dei personaggi, per marcare la stretta connessione tra il paesaggio e chi lo abita.

La tecnica che uso è acrilico e china su carta. Per il primo libro ho usato una carta molto semplice, da fotocopie, che non reggeva nemmeno la stratificazione del colore, ma mi piaceva la resa intima: a volte la carta quasi si strappava, si assottigliava o creava delle screpolature. Mi piaceva che il disegno l’attraversasse e restituisse la fatica del segno. Adesso invece sto usando una Fabriano, grazie alla cartiera che l’ha resa disponibile. In base alla carta che uso riesco ad approfondire degli aspetti pittorici diversi».

Le trasposizioni di questo romanzo ormai sono tante: teatro, fumetto, serie tv… Che cosa resta del libro in questi continui adattamenti e quanto si contaminano tra di loro? Questo continuo replicare non corre forse il rischio di un’idealizzazione eccessiva dell’opera?

Chiara: «A loro modo sono tre forme molto fedeli e, per quanto riguarda la serie, Ferrante co-firma addirittura la sceneggiatura. Sappiamo esser stata realizzata anche una grande produzione teatrale a Londra e uno spettacolo di danza di due giovani performer italiane. Per quanto riguarda le nostre creazioni, sia Storia di un’amicizia sia il fumetto sono molto fedeli, anche se potrebbe non sembrare. Credo che il rapporto di fedeltà con un’opera si consumi attraverso un’appropriazione personale, per restituirne un diverso respiro. In questo senso, il libro resta la matrice, le altre versioni hanno poi una loro autonomia. Ho avuto l’impressione che Ferrante avesse a cuore una fedeltà all’originale in senso molto laico, perché ha concesso una grande libertà autoriale; questo credo sia la dimostrazione di un’intelligenza capace di lasciare vita a un’opera. Alle prime tavole, ci ha ringraziato e ci ha detto di proseguire liberamente. Ne era felice probabilmente anche perché siamo due donne: il femminismo di Ferrante è davvero radicale ed è pragmatico, più che ideologico. Ferrante sostiene il lavoro delle donne.
Dell’originale quindi resta tantissimo, perché esso si annida continuamente nelle maglie di altri linguaggi e altre forme. Per quel che concerne le nostre produzioni, c’è anche un dialogo costante di estremo amore e non di idealizzazione: la ferocia con cui ci si sottopone al confronto con Ferrante è una garanzia di questo. E poi c’è il tempo: ormai sono quasi sei anni e lo scorrere dei mesi sedimenta delle questioni fondamentali dentro di noi, rendendo questo rapporto, se non lo si vuole usurare, autentico. Ciò fa si che il romanzo d’origine non venga idealizzato , sottoposto cioè a un processo meccanico di cristallizzazione, ma continui a vivere con forza nelle opere che ne derivano».

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L’Amica geniale diventa un fumetto: “Vi porto dentro i libri di Ferrante”, di Sandra Nistri | La Nazione, 3 febbraio 2024

“L’amica geniale a fumetti”. I romanzi della misteriosa Elena Ferrante da anni ottengono risultati record sia in libreria che sul piccolo schermo ma una trasposizione scenica a fumetti è sicuramente originale. Lo spettacolo, una produzione Fanny & Alexander sceneggiato da Chiara Lagani che interpreta i testi del fumetto mentre il pubblico viene immerso nei disegni di Mara Cerri, sarà in scena stasera alle 21,15 al Teatro Manzoni di Calenzano in collaborazione con Fondazione Toscana Spettacolo.

Chiara, come è nata l’idea di questo spettacolo così particolare?

“Lo spettacolo fa parte di un progetto più ampio che Fanny & Alexander ha realizzato intorno alla tetralogia di Ferrante, partito con uno spettacolo teatrale che ha debuttato in due annate separate per poi andare a ricomporre i quattro libri. Poi è arrivata, a me e Mara Cerri, la proposta inaspettata di un autore di graphic novel importante, Coconino Press, legato ai libri della Ferrante. Siamo rimaste spiazzate anche perché loro stavano acquistando i diritti in esclusiva del fumetto che avrebbe girato il mondo. A un certo punto, come faccio con i progetti editoriali poi ho deciso di portare la cosa a teatro e così ci siamo dette con Mara: perché non creare un formato analogo in cui lo spettatore possa entrare nel libro però ricevendo anche una suggestione tridimensionale? Così abbiamo chiesto a Luigi De Angelis, di accompagnarci in questo percorso ed è nato questo lavoro che ha girato tantissimo”.

Lo spettatore, dunque, si trova tra due diverse suggestioni…

“Sì, lo spettatore si trova immerso nelle parole e nelle immagini, io recito brani tratti dalla tetralogia e dietro lo spettatore vede immagini animate che sottolineano quanto la protagonista dei libri sta dicendo. Fra l’altro si tratta di uno spettacolo che può girare sia in contesti teatrali che editoriali, ad esempio festival della letteratura perché la scenografia è molto agile”.

Come è nato il suo amore per i libri della Ferrante?

“In realtà, ho letto molto tardi la tetralogia, sono una delle lettrici tardive, forse anche spinta dallo snobismo che, soprattutto in Italia, abbiamo per le cose che vendono molto. Di solito siamo prevenuti e facciamo male perché a volte le cose hanno successo con ragione. Mia madre ha insistito perché lo leggessi e io ho portato in vacanza i primi due volumi che ho divorato rimpiangendo di non avere portato anche gli altri. Così sono caduta in preda alla ’Ferrante fever’ che ha contagiato milioni di persone”.