K.313

Recital letterario da Breve canzoniere di Tommaso Landolfi

 


con Marco Cavalcoli e Chiara Lagani
 | riduzione Chiara Lagani | regia Luigi De Angelis | abiti Monica Bolzoni Bianca e Blu | promozione Marco Molduzzi, Valentina Ciampi | ufficio stampa Marco Molduzzi | logistica Sergio Carioli | amministrazione Antonietta Sciancalepore, Marco Cavalcoli | si ringraziano Paula Noah De Angelis, Idolina Landolfi, Rodolfo Sacchettini, Luca Scarlini, Sofia Vannini


 

Se delle parole potessimo fare a meno, se avessimo in cambio qualcosa di più sostanzioso e di più sciocco, diretto, immemore, stupito, allora… (T. Landolfi)

Lascio uscire da me i segni che ho ricevuto. (A. Warburg)

Non è dato oggi di amare se non si ritiene preliminarmente che l’amore sia ormai impossibile o almeno condannato. (E. Zolla)

Due attori. Due amanti. Della loro vita umana nulla trapela, perfino i nomi non si ritrovano nel testo. Una storia d’amore per il linguaggio, per le forme. Una possibile riflessione sul dialogo d’amore come lingua disintegrata e disintegrante, lingua impossibile, lingua oltre l’utopia.
Breve canzoniere è un prosimetrum che inserisce in un breve romanzo 14 sonetti dedicati alla protagonista e sottoposti al suo giudizio feroce. È un dialogo utopico fra due esseri fatti parola, due catene di montaggio di significazioni. Cosa accadrà quando ogni parola si esaurirà? Che ne sarà, nel pieno silenzio, di quest’AMORE? Sarà questa sopravvivenza una luce, un colore, un odore? Potranno le parole più “cupe trite e polverose”, le parole ordigno restare inesplose? Potrà il dialogo più violento e crudo farsi soffio fantasmatico, cinguettio degli angeli, musica, come nella sonata per flauto e orchestra K.313 di Mozart, nume, vate, modello retorico sempre evocato?

Sinossi

K.313 è associato ad un’immagine-icona ispirata a un fatto di cronaca: l’attentato del 2002 al Teatro Dubrovka di Mosca in cui un gruppo di terroristi ceceni presero in ostaggio gli spettatori.
Qui, in effetti, il pubblico non è in ostaggio di nessun terrorista, ma è uno dei più feroci testi di Tommaso Landolfi a tener prigionieri pubblico e artisti in una situazione che è ai limiti del surreale. In scena ci sono due attori, di fronte a ciascuno un tavolino con due microfoni a filo, due registratori, un quaderno di poesie, delle lettere d’amore, un’abat-jour, un porta cipria, un pacchetto di sigarette, dei dadi. I due, in eleganti costumi di alta moda allusivi all’immagine terroristica (eleganti passamontagna, una scintillante borsetta-esplosivo…), posizionano una telecamera a raggi infrarossi che li riprende per tutta la durata del loro dialogo.
Il filmato è proiettato live su un grande schermo alle loro spalle, e quell’immagine sgranata ricorda i ben noti messaggi video registrati dai terroristi e inviati alle emittenti televisive. Il recital ha un andamento duplice: da una parte il nudo testo, rarefatto, intimissimo, dall’altra le musiche di Mozart, richiamate dalle parole di Landolfi (il Concerto per Flauto e Orchestra K.313) e contenute nei registratori e amplificate mediante gli stessi microfoni. Al termine una batteria di flash luminosi interrompe il dialogo illuminando a tratti le due figure, riverse sulle sedie.