CORCOVADO

una performance di Luigi De Angelis e Michele Di Stefano

 


con Lorenzo Gleijeses | e con Manolo Muoio | coreografia Michele Di Stefano | regia e scene Luigi De Angelis| cura del corpo Biagio Caravano | movimenti di scena Giovanni Cavalcoli | fonico Claudio Attonito | consulenza hardware Damiano Meacci | consulenza oggetti di scena Maria Alberta Navello | realizzazione scenotecnica Fratelli Giustiniani | una produzione Compagnia Körper e Gitiesse Artisti Riuniti

Anteprima il 26 luglio 2020 Vimercate Festival
Debutto 15 – 17 luglio 2021
FOG Festival / Triennale Milano


 

 

Corcovado è una performance, frutto di un lavoro di ricerca e esplorazione condiviso da Lorenzo Gleijeses con Luigi De Angelis e Michele Di Stefano che ne hanno curato la regia e la coreografia traendo ispirazione dalla dimensione antropologica del viaggio e dal desiderio nostalgico di un “Altrove”, ricostruendo un non-luogo per eccellenza: la sala di consegna bagagli di un “qualche” aeroporto del mondo. Uno spazio dell’attesa, dell’arrivo e del passaggio, dell’anonimato e dell’incontro fugace, della relazione con un presente connesso con mondi esotici lontani. Un luogo-bilico, di confine, di porta interstiziale a partire dal concetto di dromoscopia.

Luigi De Angelis e Michele Di Stefano sollecitati da Lorenzo Gleijeses (ideatore del progetto 58° Parallelo) hanno fatto proprio, rendendolo situazione scenica, il concetto di spaesamento che sta alla base della dromoscopia – parola coniata dal filosofo Paul Virilio – partendo dalle sue riflessioni sull’odierna idea di viaggio, che ha fagocitato l’antica idea di esplorazione e di percorso in favore dell’idea di spostamento rapido, quasi istantaneo. “Prendete un treno disposto parallelamente a un altro treno immobile: seduti all’interno di uno dei due convogli noi, spesso, non riusciamo a capire quale si stia muovendo”. Questa sensazione, secondo Virilio, è un esempio di dromoscopia.

La messa in scena vede Lorenzo Glejieses (attore e performer) al centro di un agone vertiginoso, dove il corpo e il gesto coreografico diventano oggetto in mostra tra i tanti oggetti presenti sulla scena, proiezioni del desiderio e di un sogno altrui: tracce, memorie, scarti, nella teoria parossistica di una macchina dello sguardo che tutto consuma e riduce, in un andirivieni ossessivo, micidiale, epifanico di “cose-gesti”, “cose-oggetti”, “cose-corpo”, in cui non sia possibile arrivare mai a un approdo consolatorio. Controparte e artefice del sogno: la presenza costante di una figura di guardiano silente (Manolo Muoio, attore e performer), custode amoroso del luogo, suo genius loci segreto, che ne cura e attende le molteplici epifanie.

Se nella contemporaneità iperveloce gli unici elementi del viaggio a sopravvivere sono la partenza e l’arrivo, CORCOVADO riposiziona lo sguardo sui concetti di “percorso” ed “esplorazione”, demandando al processo stesso il tarlo imprescindibile del senso e della forma. Una pratica che è allo stesso tempo di decostruzione e ricostruzione del processo creativo, occasione speciale di affondo sulla possibilità della mutazione dello sguardo e sulla sua carica immaginale. Al centro di Corcovado: il desiderio spudorato di abbandono al farsi “cosa” tra le “cose”, alla vertigine centrifuga e alla distopia dell’instabilità dello sguardo mutevole.

 

[foto Tommaso Le Pera]